Come aiutare una persona a crescere?

Come dare un feedback ai collaboratori che sia veramente efficace? Perchè, quanto spesso e con quali modalità darne? Quanta trasparenza e onestà usare, e quanto tatto? Questi sono solo alcuni dei quesiti che ci si pone quando ci troviamo a gestire delle persone.

Dare un feedback significa dare ad una persona una valutazione sui risultati che ha raggiunto e suggerirle cosa fare per migliorare la sua performance.

Manager e team leader sembrano essere bombardati dalle richieste di feedback, che devono essere continui e costanti, diretti e costruttivi.

Ovviamente, quello che da anni ormai si tende a dare per scontato è che il feedback sia veramente utile allo sviluppo dei collaboratori.

Ma per quale motivo?

Ci sono almeno tre ragioni per cui crediamo che il feedback sia indispensabile allo sviluppo delle persone.

  1. Le altre persone riescono a vedere meglio di noi i nostri punti di debolezza, per cui possono aiutarci ad individuare come agire per migliorare.
  2. Per apprendere qualcosa (conoscenze, abilità o competenze…) è utile e più veloce quando qualcuno ci mostra cosa fare e come farlo. Il feedback quindi è necessario per sviluppare ciò che ci manca.
  3. I comportamenti di eccellenza possono essere descrivibili e determinabili, quindi possono essere traferiti da una persona ad un’altra. Il feedback, in questo senso, è utile a comprendere il livello da raggiungere e come arrivarci.

Studi e ricerche, però, dimostrano che tutte e tre queste teorie possono essere smentite, almeno in parte.

La verità è che non sempre possiamo essere i migliori valutatori di altre persone. Questo perché è difficile possedere l’oggettività necessaria per attribuire agli altri una valutazione su qualità come la proattività o l’assertività. I nostri errori di valutazione sono sistematici, non casuali, senza contare i bias cognitivi (pregiudizi, effetto alone, proiezione…) che alterano la nostra percezione degli altri.

Il processo di apprendimento ha poco a che fare con il “riempire degli spazi vuoti”, piuttosto, si tratta di lavorare su ciò che già abbiamo acquisito, per ridefinire, ampliare e rafforzare ciò che è già in noi. Questo significa che abbiamo più opportunità di crescita partendo dai nostri punti di forza piuttosto che dalle aree di miglioramento. Inoltre, il feedback negativo è percepito dal cervello come una minaccia, che rallenta dunque l’attività cerebrale, rallentando la capacità di apprendere. Invece, l’apprendimento si verifica quando ci rendiamo conto di quanto e come possiamo migliorare, aggiungendo conoscenze e competenze al nostro bagaglio personale.

Infine, diamo per scontato che ciò che noi intendiamo per eccellenza possa essere trasferito. Invece, l’eccellenza è un risultato indissolubilmente legato alla persona che lo raggiunge, è individuale, ed è la massima espressione delle nostre specifiche capacità.

Quindi… Come aiutare una persona a crescere?

Se ci concentrassimo su progetti di Valutazione del Potenziale orientati a comprendere cosa favorisce davvero lo sviluppo delle persone, potremmo scoprire che il feedback, almeno così come a volte ce lo propone la letteratura, non è sempre lo strumento migliore per la crescita delle persone. Ci sono casi nei quali dire ai collaboratori cosa è andato storto e cosa dovrebbero migliorare, può addirittura rallentare il processo di apprendimento.

L’unico ambito in cui tutti possiamo essere inattaccabili è quello dei nostri sentimenti e delle nostre esperienze e delle nostre percezioni.  Nel dare un feedback, quindi, è fondamentale partire dalla nostra percezione: possiamo esprimere se la presentazione del nostro collega è stata noiosa per noi, possiamo dire che quel discorso è stato molto persuasivo su di noi, o che quel comportamento è stato aggressivo secondo noi.

Invece di affermare verità assolute, è dunque più efficace descrivere la reazione e le sensazioni che una determinata azione ha suscitato in noi.

Inoltre, per favorire l’apprendimento dei nostri collaboratori, non concentriamoci sulle aree di debolezza e sui risultati mancati, ma focalizziamoci sui loro punti di forza. Evidenziare solamente gli aspetti in cui sono carenti, li indurrà infatti ad utilizzare tutte le energie per correggere quelle mancanze, e questo non permetterà loro di apprendere e comprendere come sviluppare i propri punti di forza. D’altro canto, gli elogi fini a stessi non sortiscono risultati: possono essere gratificanti, ma non stimolano il processo di apprendimento.

Ogni volta che un collaboratore agisce in modo eccellente, fermiamoci immediatamente ed analizziamo l’accaduto.

Ripercorriamo insieme a lui cosa ha fatto particolarmente bene, e come questo ci ha fatto sentire: questo lo motiverà sia a mantenere quel livello di performance, sia a capire come fare ancora meglio.

Evidenziando ogni passaggio del suo comportamento, gli daremo la possibilità di comprendere cosa voglia dire eccellenza per lui, di interiorizzare e di replicare quel modo di fare.

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