15 Lug 2011

Formazione

Hai già recuperato il tuo tesoretto?

Formare i propri dipendenti …a spese dell’Inps. O meglio: i soldi sono i tuoi, ma per legge li stai già versando. Perciò in fondo, chi paga, è la Previdenza. Viste le diffuse necessità di ristrutturazione delle aziende in periodo di crisi, l’idea è di quelle da tenere aperte sulla scrivania. Eppure già da tempo una legge vecchia di 10 anni consente di attuarla. E molti ancora non lo sanno.
Andiamo per ordine. La legge in questione è la n. 388 del 23 dicembre 2000, dal titolo “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge 388). Scorrendo all’articolo 118, si legge che il Ministero del Lavoro introduce i “Fondi paritetici Interprofessionali per la formazione continua”: una misura studiata per rafforzare occupazione e competitività delle imprese, senza però imporre oneri ulteriori a carico dei datori di lavoro.

In concreto si tratta della possibilità per le aziende di indirizzare parte delle proprie risorse previdenziali, comunque pagate per legge, alla formazione dei propri dipendenti. In che modo? Aderendo ad un Fondo Interprofessionale. Ogni settore produttivo ne ha uno di categoria, già istituito in base ad accordi interconfederali stipulati dalle rappresentanze sindacali.
Questi fondi si alimentano proprio grazie allo stanziamento che le imprese già versano all’Inps. Le aziende iscritte, infatti, vi trasferiscono tale stanziamento, e in questo modo “recuperano” i soldi spendendoli nella formazione interna. La risorsa di cui parliamo è il cosiddetto Contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria, regolato in base alla legge n. 845 del 21 dicembre 1978 (legge 845).
Per questa voce contributiva, di norma, l’impresa destina una quota pari allo 0,30% degli interi oneri dovuti all’Inps.
Attenzione. Molte aziende, per una sorta di automatismo contabile, in realtà già sono iscritte a questi fondi. Ma spesso non sono al corrente dell’enorme vantaggio di questa adesione. E il vantaggio, è bene ripeterlo, è quello di reinvestire i propri soldi all’interno dell’azienda.
L’iter è molto semplice. In primo luogo l’azienda ha l’obbligo di concordare l’adesione al Fondo con la propria rappresentanza sindacale, che deve controfirmarla. Il passo successivo è presentare all’Inps la propria richiesta, chiedendo appunto di trasferire il Contributo per la disoccupazione ad uno dei Fondi Paritetici Interprofessionali. La procedura oggi è stata semplificata ed è interamente telematica: utilizzando il sistema Uniemens direttamente dal sito (INPS/Uniemens), è sufficiente scaricare un’applicazione per comunicare la tua scelta[1].
I codici per aderire:

E’ importante precisare che le risorse utili per coprire il progetto formativo vengono calcolate (e accumulate) solo dal preciso giorno in cui scatta l’iscrizione al Fondo, ovvero dal momento in cui si dispone che il Contributo per la disoccupazione venga girato dall’Inps al Fondo Interprofessionale che si è scelto. Ciò che è stato versato prima di quella data infatti non è più recuperabile, e rimane alla Previdenza.

Il secondo passo è quindi individuare il tipo di progetto formativo ideale per l’azienda. Le opzioni sono due.

Se l’impresa decide di presentare un Piano Formativo proprio, sceglie l’opzione Conto Formazione. In questo caso il progetto formativo può essere affidato ad un responsabile interno (anche consulente), che lo gestisce adattandolo in modo migliore alle necessità dell’azienda. Il budget dell’operazione è ovviamente flessibile e illimitato, a seconda dell’entità del lavoro. Il piano formativo può inoltre tradursi sia a livello aziendale sia individuale, oppure settoriale o infine territoriale. La presentazione del Piano può avvenire in qualsiasi momento dell’anno, ed entro un mese può avere inizio la prestazione.

La seconda opzione è invece quella di aderire ad un Piano Formativo Specifico, promosso direttamente dal Fondo stesso cui si è scelto di appartenere. Il Fondo comunica l’avvio del Piano attraverso avvisi pubblici, offrendo anche qui soluzioni sia settoriali sia territoriali oppure individuali. Seguendo questa strada si sceglie un percorso senza dubbio più semplice e immediato, con un accesso alle risorse pressoché automatico. Inoltre il costo è fisso e uguale per tutte le aziende che partecipano al singolo bando.

Altro dettaglio fondamentale: per entrambe le opzioni il Fondo contribuisce per due terzi della spesa totale. Il terzo rimanente è a carico dell’impresa. Nella gran parte dei casi, tuttavia, questo onere coincide con le ore “non lavorate” dei propri dipendenti impegnati nel corso formativo, perciò non costituisce una vera e propria spesa aggiuntiva.

Naturalmente, prima di avviare un piano personalizzato oppure aderire ad un progetto formativo standard, l’azienda deve analizzare bene la propria situazione. Se i contributi accumulati sono sufficienti, il Fondo coprirà tutte le spese del progetto (escluse appunto le ore non lavorate dei dipendenti). Diversamente, l’impresa che vuole comunque avviare un piano più costoso di quanto accantonato nel Fondo dovrà versare la differenza.

In entrambi i casi le azioni formative sono studiate per tutte le tipologie di dipendenti, siano essi dirigenti, quadri, impiegati o operai.

L’iscrizione ai Fondi da parte di un’impresa è libera, gratuita e revocabile ogni anno. Poiché come detto i Fondi si alimentano con il Contributo per la disoccupazione, e grazie a queste risorse finanziano e promuovono Piani Formativi Specifici con scadenza regolare, è prevista una scadenza nell’utilizzo dei contributo accantonati da parte dell’impresa iscritta. In particolare nell’ultimo periodo si va consolidando una prassi che individua in circa due anni il termine ultimo per l’attivazione di piani formativi. L’azienda che non procede con l’avvio dei corsi entro la scadenza prevista perde il diritto a recuperare il proprio stanziamento.

In questi dieci anni sono nati 18 Fondi Interprofessionali, rappresentativi della quasi totalità di ogni settore produttivo.

Per facilitare l’orientamento in vista di una scelta, ecco una mappa linkata di tutti gli istituti ad oggi attivi.

I Fondi Paritetici Interprofessionali sono un’opportunità da cogliere al volo per le imprese che intendono innovare razionalizzando i costi. Nel dedalo di norme e vincoli burocratici che ogni giorno in Italia imbrigliano lo sviluppo di un’azienda, questa volta c’è una legge che viene incontro ad un’esigenza chiave per ogni settore produttivo: rimanere al passo con i tempi.

E’ vero: era un po’ nascosta, questa legge 388. Ma in fondo ha appena compiuto dieci anni, e funziona ancora alla grande.


[1] Per aderire basta scegliere nella “DenunciaAziendale” del flusso UNIEMENS aggregato, all’interno dell’elemento “FondoInterprof”, l’opzione “Adesione” selezionando il codice FIMA ed inserendo il numero dei dipendenti interessati all’obbligo contributivo. In questo modo, si indica la propria volontà di affidare ad un fondo interprofessionale il proprio contributo INPS dello 0,30%. Come indicato nella circolare INPS n. 107/2009, l’effetto dell’adesione decorre dal mese di competenza della Denuncia Aziendale (ex DM10/2) nel quale è stato inserito il codice FIMA. Esempio: se si effettua l’adesione entro il 31 marzo 2010 i contributi versati all’Inps vengono accantonati sul “Conto Formazione” dell’azienda a partire dalla competenza di febbraio 2010 (nella prevista misura del 70% del totale). In caso di tardiva trasmissione della denuncia telematica, verrà presa in considerazione la data di effettivo inoltro. L’adesione è unica e non va rinnovata ogni anno.  (Fonte: Fondimpresa)
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