Un progetto complesso di cambiamento manageriale e culturale

Nei mesi di febbraio e marzo di quest’anno, i consulenti Mading sono stati impegnati su un progetto di cambiamento del sistema di valutazione delle performance focalizzato sul feedback. Con l’erogazione di circa 200 edizioni del corso di formazione, hanno incontrato tremila tra quadri e dirigenti di una grande azienda nazionale. In aula erano presenti sia responsabili di gruppi più ristretti di collaboratori, sia manager con oltre 250 risorse da valutare.

L’iniziativa

L’obiettivo centrale del percorso formativo era passare da una cultura focalizzata sul Performance Appraisal, ad un approccio di Performance Management.

Il Performance Appraisal è un sistema di valutazione dei collaboratori focalizzato esclusivamente sulla prestazione ottenuta nel periodo considerato. Invece il Performance Management mira al raggiungimento di migliori risultati per l’intera organizzazione, attraverso il miglioramento delle prestazioni dei singoli.

Oltre a trasmettere questo importante cambiamento culturale, nel corso sono state presentate le nuove logiche di valutazione del potenziale utilizzate.

Il nuovo modello di Performance Management

L’Organizzazione è passata ad una valutazione dei comportamenti collegati alle capacità basate sul modello di leadership dell’Azienda, in cui, con una scala, si osserva la frequenza dei comportamenti desiderati.
Inoltre, il nuovo sistema prevede che le diverse tipologie di obiettivi influiscano con pesi diversi sulla valutazione delle performance dell’individuo, dove il 40% è legato ai comportamenti e alla capacità di creare valore per il cliente.
Infine, maggiore responsabilità del valutatore e più trasparenza per il valutato diventato elementi centrali di questo nuovo progetto.

La persona valutata, a differenza del passato, può avere accesso alla propria scheda di valutazione completa. All’interno potrà trovare i risultati di dettaglio su capacità, conoscenze ed obiettivi operativi, fino al feedback scritto dal Responsabile. Il processo prevede che, alla fine della valutazione, la risorsa riceva una e-mail che le consenta di visionare direttamente la propria scheda di valutazione. Inoltre potrà inserire, in un’apposita sezione, il proprio percepito relativamente a qualità, tempestività ed efficacia del feedback ricevuto, nonché le proprie considerazioni in merito. Vi è inoltre la possibilità di indicare le capacità che il valutato ritiene opportuno potenziare, sulle quali il Responsabile potrà intervenire, favorendo occasioni di sviluppo.

Il potere delle abitudini

Tutto questo va considerato un cambiamento non banale. Perchè la cultura organizzativa è cresciuta negli anni con una fortissima spinta e tensione verso gli obiettivi operativi e per nulla, o quasi, su quelli di sviluppo delle capacità.

Cultura in cui persistono ricordi, a volte ‘fantastici’, ma per niente inverosimili, di collegamento diretto tra la valutazione delle performance e il sistema premiante o lo sviluppo di carriera.

L’intervento in aula è stato, poi, fortemente focalizzato sullo strumento del colloquio feedback, in termini di processo, contenuto e linguaggio. Ma anche con un’attenzione alla relazione e alla condivisione degli obiettivi di sviluppo. Per dare sostanza la processo di feedback, in aula si sono svolti Role Play, basati su casi aziendali reali, per simulare dei colloqui di feedback tra responsabile e collaboratore.

In questa attività, non sempre è stato facile per gli attori implementare le decisioni prese in fase di preparazione. L’abitudine del passato tornava con insistenza, riproponendo giudizi scollegati dall’osservazione, “dimenticando” di dichiarare lo scopo del colloquio, focalizzandosi sulle carenze di capacità e tralasciando quelle da mantenere, usando verbi di essere e non di fare.

Le nostre osservazioni

Da questa esperienza, secondo i consulenti Mading, sono emersi alcuni importanti punti di attenzione:

  • La difficoltà, spesso, nel distinguere tra obiettivi operativi e obiettivi di capacità, soprattutto per i valutatori dell’area commerciale, ma in generale per tutti, proprio per il fatto che l’Azienda nel tempo avesse sviluppato una cultura fortemente orientata ai numeri e meno alle persone;
  • L’osservazione nel periodo e le note oggettive, operazioni rese difficili dalla scusante “non abbiamo tempo”;
  • Il ruolo di capo, non allenato a fare coaching;
  • Il concetto di trasparenza, che obbliga all’oggettività delle osservazioni e alla precisione di linguaggio, con una percezione di perdita di ‘potere’ e nel contempo un aumento degli aspetti emozionali, in cui il valutato mi valuta;
  • La necessità di slegare, mentalmente e nel linguaggio, la valutazione come fonte di sviluppo delle persone, dalle carriere e dai sistemi premianti.

Per chi ne ha viste tante, la domanda ne vale la pena?

Le resistenze spesso sono state più rilevanti nei livelli alti di responsabilità organizzativa, là dove impera il linguaggio dei numeri e trova poco spazio quello della gestione. Questo fatto ci racconta ancora una volta come il processo di valutazione debba essere un’attività centrale sia per i capi che per le Direzioni e il Personale. In particolar modo, se si vuole che la relazione con le persone in azienda sia anche fonte di soddisfazione, di benessere e di crescita individuale.

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