Valutazione stress lavoro correlato: perchè farla.

Il D.Lgs 81/08 richiede al datore di lavoro di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato”. Per quest’ultimo, il termine ultimo di valutazione è stato prorogato al maggio 2009 dal Decreto Legge 207 del 30/12/2008.

Nel frattempo, su aziende e Medici Competenti si sono riversate proposte di consulenza con l’utilizzo di strumenti valutativi (test-questionari) e metodologie d’indagine sullo stress tra le più disparate, segno anche della percezione di un promettente business. In conseguenza di ciò è venuto a crearsi in molti Datori di Lavoro (DL) e RSPP un clima di incertezza e confusione su quali binari indirizzare la scelta metodologica e a quali figure professionali/consulenziali fare riferimento.

Cercheremo di rispondere ai quesiti che molti Datori di Lavoro si sono posti, complice anche un’informazione corrente molto tecnica e specialistica.

Chi deve effettuare la valutazione del rischio e nel caso questa venga omessa cosa si rischia?

La valutazione dello stress è obbligo datoriale, da effettuare al pari degli altri rischi, in collaborazione con RSPP e medico competente. Quest’ultimo, nel caso specifico, rappresenta una figura chiave nell’iter valutativo in quanto può mettere a disposizione, in forma anonima, i dati clinici ed epidemiologici – anche storici – emersi dalla sorveglianza sanitaria aziendale e quelli relativi ad eventuali fattori di rischio legati all’organizzazione del lavoro.
Nel caso di omessa valutazione sono previste sanzioni anche penali per il datore di lavoro. Fermo restando il ruolo del RSPP e del MC (Medico Competente) nella valutazione dello stress, come per altri rischi il DL può richiedere la collaborazione anche di consulenti esterni (psicologo del lavoro) e ciò anche in rispetto alle indicazioni fornite dal D.Lgs 81/08 art. 31 comma 3 in base al quale  “il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.

Con quali modalità deve essere effettuata la valutazione del rischio stress?
La valutazione del rischio riguardante lo stress richiede l’adozione degli stessi principi utilizzati nella valutazione di altri pericoli presenti sul luogo di lavoro.
Come suggerito anche dall’accordo europeo sullo stress lavoro-correlato stipulato a Bruxelles l’8/10/2004 e recepito in Italia l’8/06/2008 nella valutazione dello stress si possono identificare le seguenti tappe fondamentali:
  • Individuare i pericoli attraverso la rilevazione delle fonti di stress;
  • Individuare i gruppi a rischio attraverso la rilevazione di indicatori oggettivi e comportamentali considerati come significativi indicatori di stress;
  • Decidere quali azioni preventive adottare;
  • Intervenire con azioni concrete;
  • Controllare e revisionare.

E’ importante sapere che quello che vogliamo valutare è “il rischio stress lavoro correlato” e non lo “stress correlato al lavoro”. E’ necessario in sostanza distinguere i fattori che inducono stress – obbiettivo della nostra ricerca – da quelle manifestazioni più o meno patologiche che possono, ma non necessariamente, essere espressione di reattività individuale allo stress. Questo ci impone una riflessione sull’uso indiscriminato di test somministrati al lavoratore a volte nominativi e che spesso rappresentano vere e proprie indagini sulla personalità del singolo, al limite di quanto fa divieto l’art. 8 della Legge 300/70. E’ un modo incoerente di valutare il rischio stress nella stessa misura in cui potrebbe essere illogica una valutazione del rischio rumore effettuata non con la misurazione della rumorosità ambientale e delle macchine ma con l’esame dell’udito del singolo dipendente.
Il percorso adottato in questa tipologia di valutazione centrato sulla persona e non sui fattori di rischio collettivi, porta ad avere solo un mosaico di valutazioni individuali/soggettive. A questo punto è chiaro che ogni strumento diagnostico quali test, interviste, deve essere utilizzato nell’ambito della ricerca di segnali di stress nel gruppo (focus group, reparti, etc.).

I costi, sono sicuramente dipendenti dalla complessità dell’indagine, dalle figure consulenziali coinvolte e, perché no, anche dallo “spessore” dello psicologo del lavoro e del medico competente.
Per il datore di lavoro che considera uno spreco di risorse la valutazione dello stress (ammesso che sia disinteressato alle sanzioni) ricordo che in questa occasione ha la possibilità di “tastare” il polso all’elemento umano e al modello di organizzazione che si è dato in azienda. Quello che viene chiamato anche analisi del clima aziendale e benessere organizzativo.
Le stime dei costi diretti e indiretti legati a situazioni di stress sono impressionati:

  • Danimarca: 20% di rischio attribuibile allo stress per le patologie cardiovascolari (1991);
  • Svizzera: costi annuali attribuibili allo stress: circa 4.2 miliardi di franchi, pari al 1,2% del PIL (2000);
  • UK: perse circa 40 milioni di giornate lavorative ogni anno per problemi connessi a stress (1999);
  • Svezia: 14% delle assenze prolungate, in un campione di 15000 lavoratori, legate a patologie da stress (1999);
  • EU: stimato in più di 20 miliardi di euro il costo globale  dello stress nell’Unione Europea (costi lavorativi, personali e sociali) (2005).
In conclusione ricercare lo stress è un ottimo investimento che rende all’azienda in quanto la conoscenza da parte del datore di lavoro dei fattori di rischio facilita la salute e il benessere dei lavoratori migliorandone produttività e rendimento. 
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