Il caso Semco
Lucas è un giovane operaio metallurgico che vive e lavora in Brasile. Nell’azienda in cui lavora l’ambiente è sterile, ed il clima è rigido. Queste condizioni sono il risultato di relazioni industriali ostili, che, nel corso degli anni, hanno costantemente aumentato le tensioni tra le parti sociali. Lucas ed i suoi colleghi agiscono da sovversivi nei confronti del management: sono responsabili di azioni di sabotaggio casuali, furti, atti vandalici e rallentamento del flusso di lavoro. La cultura dei lavoratori, le percezioni, i sentimenti, i pensieri che Lucas ed i suoi colleghi hanno maturato in quel contesto guidano le loro azioni e minano la loro partecipazione al successo dell’intera azienda.
Oggi, pur lavorando nella stessa azienda, Lucas vive in un clima completamente diverso. Il suo equilibrio vita – lavoro è migliorato, e, al di là dei riconoscimenti, condivide il 39% dei profitti della società, che sono aumentati di oltre 200 milioni di dollari. L’organizzazione del lavoro di Lucas ha subito una profonda trasformazione: è libero di definire i propri obiettivi di produttività personale e lavora facendo volontariamente gli straordinari per raggiungere i suoi obiettivi.
Alla base di questo importante cambiamento troviamo una nuova corrente di pensiero manageriale, meglio conosciuta come Leadership Trasformazionale (Brass, 1990). Esempio e promotore di questa nuova filosofia manageriale fu Ricardo Semler, CEO e proprietario di Semco, l’azienda brasiliana che rappresenta forse oggi il più famoso caso al mondo di management partecipativo. I seguito alcuni dati significativi:
   da 90 dipendenti del 1982 ai circa 3mila collaboratori di oggi;
   da 4 milioni di dollari a oltre 240 milioni di fatturato;
   un investimento di 100 mila dollari in Semco 20 anni fa avrebbe fatto guadagnare oggi 5,4 milioni di dollari;
   turnover del personale costantemente sotto l’1%;
   caso di studio in 76 Business school nel mondo.

L’imprenditore Ricardo Semler è stato nominato “Global leader of tomorrow” dal World Economic Forum. A soli 21 anni Semler mise in campo un progetto di trasformazione e democratizzazione di tutti gli aspetti della Semco, dalle procedure di promozione alla strategia finanziaria. In Semco non esistono organigrammi, piani strategici quinquennali, carte dei valori, mission statement, dress code o regole scritte. Il percorso della Semco verso una fiorente redditività è stato avviato da Semler e dalla sua idea di ispirare, motivare, cambiare e far crescere il personale dell’azienda. La democrazia è il fulcro del cambiamento in Semco, nonché stimolo per i dipendenti, che ricambiano il nuovo rispetto acquisito aumentando il proprio livello di partecipazione al business aziendale. Ecco altre caratteristiche del modello Semco: tutti i dipendenti, inclusi gli operai di linea, autogestiscono il proprio orario; non decidono solo quando lavorare ma anche quanto lavorare. Se passano un sabato pomeriggio in ufficio, sono incoraggiati a passare il lunedì mattina in spiaggia; l’azienda non ha un auditing interno. Nessuno fa le pulci alle note spese. Semco si sforza in tutti i modi di promuovere un clima di fiducia tra i suoi dipendenti; e siccome partecipano ai profitti dell’unità, essi hanno tutto l’interesse a evitare un comportamento fraudolento; una percentuale consistente di dipendenti fissa il proprio salario. Contemporaneamente, essi possono conoscere i salari corrisposti nelle altre aziende e i dati retributivi di Semco. I dipendenti sanno che se chiedono di essere retribuiti in maniera eccessiva, i loro colleghi si aspetteranno un trattamento analogo, a danno dei profitti; non ci sono politiche sui viaggi, e quindi non ci sono restrizioni sugli alberghi da utilizzare o sulle compagnie aeree con cui viaggiare. La convinzione è che questi principi di gestione non servano a “rendere più felici i lavoratori”, ma rappresentino una forte arma competitiva per rende l’azienda più flessibile e in grado di affrontare meglio le mutevoli esigenze di mercati in evoluzione, in declino o saturi.

Uno dei vantaggi del modello di management adottato da Semco è che non richiede una leadership eroica. I leader trasformazionali, infatti, sono in grado di intuire anomalie e problemi, di proporre nuovi schemi, diversi da quelli usati nel passato, per rispondere alle tensioni provenienti dall’ambiente interno e da quello esterno. Per riuscire in ciò, devono essere in grado di creare un team e suscitare nei membri del gruppo la consapevolezza dell’importanza del lavoro di ognuno. Il leader trasformazionale fissa nuovi compiti per i dipendenti e standard di eccellenza di riferimento in base alle capacità del reparto – sempre tenendo conto della vision aziendale. A questo scopo è indispensabile la capacità di creare delle relazioni vere con i propri collaboratori, che possono aver bisogno di un percorso di riqualificazione o di coaching/mentoring per raggiungere i nuovi obiettivi, ma l’acquisizione di nuove competenze li porta, progressivamente, a ricoprire ruoli più impegnativi.
Abbiamo chiesto un approfondimento a tre noti esperti internazionali
Secondo il guru di management Dr. Marshall Goldsmith, la sfida del cambiamento dipende dalla capacità del leader di adattare il proprio comportamento in base alle esigenze dei propri dipendenti. “Per il conquistatore individuale (achiever) tutto ruota intorno all’Io. Per il grande leader, invece, tutto ruota intorno a Loro (i dipendenti). Per molte persone di successo questo è un passaggio difficile da fare”. 

Marshall Goldsmith, è considerato un’autorità mondiale nel campo della consulenza aziendale. L’Associazione Industriali d’America l’ha recentemente indicato quale uno dei 50 pensatori che hanno avuto maggiore impatto nel campo della dirigenza d’azienda. Insegna alla Columbia Business School e alla London Business School. È autore di numerosi bestseller nell’ambito della letteratura manageriale. Lo scorso anno il suo “MOJO – How to Get It, How to Keep It, How to Get It Back If You Lose It” si è aggiudicato un posto nella classifica dei 10 migliori libri di business dell’anno dal The Toronto Globe and Mail, è stato riconosciuto dal Washington Post come uno dei migliori 10 libri di leadership; il Chicago Tribune e la Conference Board Reviewlo hanno indicato come libro dell’anno. Per il quarto anno consecutivo i suoi scritti sono stati indicati come i migliori, in tema di business, dalla rivista INC CEO. In Italia il suo “Ciò che ti ha portato qui non ti farà andare avanti”, del 2008, è già un caso.
Di seguito l’intervista in esclusiva a Mr. Goldsmith.
 Non sono un esperto di tutto ciò che riguarda la leadership; mi occupo di aiutare leader di successo ad ottenere risultati positivi e cambiamenti duraturi nel comportamento: per se stessi, per gli altri e per la loro squadra. Tutte le mie risposte, quindi, saranno limitate dalla mia esperienza su altri aspetti della leadership.
  
1.    Mr. Goldsmith, come riesce il leader trasformazionale a creare fiducia e consenso tra la propria forza lavoro?
Il leader trasformazionale crea fiducia e consenso attraverso il buon esempio, non il “predicare”. Una volta ho scritto un articolo per la rivista Fast Company, dal titolo “Per promuovere lo sviluppo degli altri inizia da te stesso”: un ottimo modo che i leader hanno per aiutare gli altri a cambiare è far vedere loro le proprie trasformazioni. I più grandi leader trasformazionali che ho incontrato prendono feedback su se stessi, sono pronti a dimostrare il loro lato umano, lavorano per migliorare e credere negli altri e nel loro miglioramento.
  
2.    Quali sono le caratteristiche di un leader trasformazionale?
I due più importanti leader che io abbia mai conosciuto sono Frances Hesselbein, ex CEO di Girl Scouts e Alan Mulally, CEO of Ford. Entrambi si sono sempre ricordati che la leadership ha a che fare con il servire gli altri, non con la deificazione di se stessi. Per il conquistatore individuale (achiever) tutto ruota intorno all’Io. Per il grande leader, invece, tutto ruota intorno a Loro (i dipendenti). Per molte persone di successo questo è un passaggio difficile da fare
  
3.    Come gestisce il problema dei dipendenti il leader trasformazionale?
Nessuno può essere trasformato per poter far tutto; il leader trasformazionale può fornire un feedback onesto ed essere molto favorevole al cambiamento. Il leader trasformazionale non può “far accadere” il cambiamento, non può crearlo, in definitiva tutti dobbiamo essere adulti e gestire noi stessi. Il leader trasformazionale può darci opportunità e sostegno, motivazione ed impegno devono venire da noi stessi.

I leader trasformazionali considerano le situazioni impreviste e difficili come momenti ed occasioni in cui l’organizzazione può imparare. In tempo di crisi il leader trasformazionale reagisce alla carenza di personale diversificando i programmi di formazione, in modo da assicurare che la forza lavoro abbia la flessibilità necessaria per affrontare ambienti e mercati ad elevata concorrenza e complessità. Capaci di infondere al resto del gruppo visioni o ispirazioni che li motiva a trascendere i comuni obiettivi di prestazione e a compiere uno sforzo nell’interesse collettivo, i leader trasformazionali:
  1. Pongono particolare attenzione a tutti i collaboratori.
  2. Incoraggiano a vedere i vecchi problemi sotto una nuova luce; favorendo la creatività e sollecitando l’utilizzo delle facoltà intellettuali
  3. Incitando l’individuo ed il gruppo ad incrementare l’entusiasmo e l’ottimismo
  4. si pongono come modello di riferimento per i propri collaboratori

I leader trasformazionali sono le punte di diamante del cambiamento, risolvono situazioni disastrose facendo dei veri e propri miracoli. Le riforme in grosse aziende (come IBM, Apple, Casio, etc.) sono spesso legate agli sforzi ed al talento di questi individui ed alla loro capacità di riallineare il comportamento e le capacità del personale al business aziendale con un approccio sofisticato e spesso umanistico.


Arthur F. Carmazzi è uno dei 10 più influenti guru al mondo in tema di leadership. La sua esperienza ed i suoi approcci innovativi al tema della leadership ne hanno fatto una voce autorevole nell’ambito del knowledge management. Carmazzi, nei suoi studi, ha messo a punto diversi strumenti di profilazione (BCI – Colored Brain Communication Inventory; HDMA; CCEE – Corporate Culture Evolution Evaluation), utilizzati da numerose multinazionali nella gestione “psico-produttiva” del personale, per incrementare l’efficienza del capitale umano. Speaker motivazionale e trainer nella Regione Asiatica, è accreditato presso il famoso American Institute of Business Psychology. Autore di successo, tra i suoi testi più noti ricordiamo: “The 6 Dimensions of Top Achievers”; “The Colored Brain Communication Field Manual”; “Identity Intelligence”; “Lessons from the Monkey King” and “The Psychology of Selecting the RIGHT Employee”.
Di seguito, in esclusiva, il contributo del Dr. Carmazzi.
  1. Dr. Carmazzi, come riesce il leader trasformazionale a creare fiducia e consenso tra la propria forza lavoro?
Il modo più semplice ed immediato è mostrando i risultati raggiunti, anche i più piccoli. In questo modo crea una situazione in cui le persone riescono a vedere e sentire concretamente il successo.
  1. Quali sono le caratteristiche di un leader trasformazionale?
Di solito la “leadership trasformazionale” è associata alla leadership carismatica, ma in realtà non tutti possono essere carismatici. Personalmente, però, ritengo che l’idea di trasformare l’organizzazione di un reparto, creando un ambiente di lavoro migliore e orientato al successo, sia più vicina al modello della Leadership Ambientale (Visualizza il sito). In questo caso le caratteristiche del leader si identificano nella capacità di concentrarsi sull’obiettivo finale, e non sul processo, in modo da mettere in evidenza quali sono le dinamiche di interazione tra le persone per il raggiungimento dell’obiettivo stesso; nella capacità di creare un obiettivo più ambizioso, comune a tutti, al di là della vision e della mission aziendale; nella capacità di creare maggior senso di appartenenza e di identità tra la forza lavoro.
  1. Come gestisce il problema dei dipendenti il leader trasformazionale?
Il problema, per molti dipendenti, è il fatto di aver abbandonato la convinzione di poter avere successo all’interno dell’organizzazione. In questo modo, con il passare del tempo, le persone diventano pigre, apatiche, demotivate, etc. e si limitano semplicemente a soddisfare i propri bisogni, a scapito degli altri, non rendendosi conto delle conseguenze delle loro azioni. In altri casi le persone sono semplicemente cattive per natura. Personalmente ho visto che, quando l’ambiente di lavoro cambia, la maggior parte dei problemi con il personale può essere risolta attraverso spostamenti e rotazioni. È come negli studi sui criminali: se messe in un ambiente positivo le persone agiscono in modo positivo, o comunque diverso dal modo abituale. Certo, poi, rispetto all’ultimo gruppo di persone (i cattivi di natura) la soluzione migliore sarebbe quella di rimuoverle dal contesto in cui operano, dal momento che possono influire in modo negativo anche su coloro che potrebbero migliorare.


Brian Biro è una delle voci più note ed autorevoli in tema di motivazione negli Stati Uniti. Autore di importanti pubblicazioni (Beyond the success, Trough the eyes of a coach, it’s time for joy), le sue idee si riflettono anche nei workshop e nei seminari che tiene in tutta America, in cui affronta questioni come il pensiero positivo, il team building, la leadership ed il cambiamento. Laureato alla Stanford University ed alla University of California of Los Angeles (UCLA), Biro è intervenuto nelle più importanti trasmissione americane, tra cui Good Morning America, CNN’s Business Unusual, e Fox News Network e come oratore di spicco al Disney Institute di Orlando.
  
Di seguito l’intervista in esclusiva a Brian Biro.
  
1.    Mr. Brian, come riesce il leader trasformazionale a creare fiducia e consenso tra la propria forza lavoro?
Ci sono quattro leve che il vero leader trasformazionale deve saper utilizzare per creare consenso, fiducia e impegno nella propria squadra. La prima, e la più importante, è la PRESENZA. Essere completamente presenti significa semplicemente che quando sei con qualcuno sei con lui al 100%; il tuo corpo, la tua mente ed il tuo spirito sono con quella persona in quel preciso momento. Quando un leader è pienamente presente comunica inevitabilmente agli altri che sono importanti per lui. Questo è il lavoro del leader trasformazionale… aiutare coloro che guida a comprendere che sono importanti.
La seconda leva che il leader trasformazionale deve saper utilizzare è l’ENERGIA: il leader deve essere un esempio di grande energia. Per tutti quelli con cui entriamo in contatto la nostra energia funge da esempio. In altre parole, la gente ricorda molto poco di ciò che dite, ma non dimenticherà mai la vostra energia. L’energia, negli ambienti di lavoro, si manifesta con il movimento – uscire con i tuoi colleghi, lavorare con loro fianco a fianco – con l’essere propositivo e ispirato – ricordando sempre il perché di decisioni importanti e rafforzando i valori e gli obiettivi dell’organizzazione – e con l’avere un insaziabile desiderio di continuare ad imparare e comunicare.
La terza leva che un buon leader motivazione può utilizzare per costruire fiducia e consenso nella propria squadra è capire il valore e l’importanza di essere un esperto del RICONOSCIMENTO, dell’apprezzamento e del dar merito. Riconoscere ed apprezzare i compagni di squadra non solo per i loro risultati, ma anche per il loro impegno, attitudine ed energia. L’ultimo grande allenatore dell’Alabama, Bear Bryant, chiarì bene il concetto quando disse: “Sono solo un vecchio aratro a mano, ma ho imparato una cosa se desideri che il cuore di una squadra batta all’unisono.. quando le cose vanno alla grande il merito è loro; quando le cose vanno abbastanza bene il merito è nostro, quando le cose vanno male.. la colpa è mia”.
Infine finire, collegandomi al pensiero ed alla saggezza del coach Bryant, quella che io chiamo “blame busting” (letteralmente la colpa del fallimento, il rimprovero), che possiamo tradurre con RIMPROVERO POSITIVO. Il rimprovero distrugge la fiducia e la squadra e non è di aiuto ad un’organizzazione in crescita e in cambaimento. Perché? Perché la colpa è sempre al passato, non puoi fare nulla su ciò che è passato. Coloro che fanno dei rimproveri non possono pretendere che gli errori non vengano fatti o che tutto sia rose e fiori se non lo è. Bisogna semplicemente riuscire a spostarsi da ciò che è distruttivo a ciò che è costruttivo, trasformando la colpa in desiderio e volontà di imparare e crescere. Si guarda all’errore, al passo falso e si chiede: “Cos’è successo? Cosa possiamo imparare? Che cosa faremo in futuro?”
  
2.    Quali sono le caratteristiche di un leader trasformazionale?
Come descritto nella risposta alla domanda uno, il leader trasformazionale è presente, energico, capace di riconoscimento, e apprezzamento, e capace di rimprovero positivo. Il leader trasformazionale cerca di dare credito e di aumentare le responsabilità. È un modello di eccellenza, integrità, responsabilità ed umiltà.
  
3.    Come gestisce il problema dei dipendenti il leader trasformazionale?
Il leader trasformazionale accoglie le differenze di stile e comportamento sino a quando non vi è coesione tra fine ultimo e direzione. Cerca di capire, prima di cercare di essere capito. Questo significa che prima di decidere che un dipendente “è un problema” chiederà di raccontare, di parlare. Forse il dipendente ricopre semplicemente il ruolo sbagliato. Forse ci sono considerazioni importanti da fare e che non sono immediatamente evidenti. Se tuttavia, dopo aver ascoltato e cercato di capire, diventa chiaro che il dipendente non è adatto, il leader trasformazionale riconosce che rimanere in una situazione negativa non è un bene né per l’organizzazione, né per l’individuo stesso. Infine, una volta che il dipendente è lasciato andare, non ci sono remore, i rapporti non si incrinano, perché il leader trasformazionale tiene alle persone e le spinge ad andare avanti.

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