Nello scorso articolo ti ho parlato della gestione delle differenze etniche e culturali nelle organizzazioni, ma quali benefici ne possono trarre le aziende?

Recentemente un imprenditore di un piccolo gruppo di pmi italiane (un uomo che “si era fatto da sé” conquistando una posizione nel B2B della plastica, un fornitore affidabile e di eccellenza) mi confidava che era alla ricerca di personale qualificato per la sua azienda, ma che li voleva “italiani”.
La mancanza di personale qualificato ed affidabile era il suo problema principale, che lo aveva portato a cedere una delle sue imprese, quando era venuto a mancare chi gestiva la produzione.

Soprattutto nel nord est e nel nord ovest italiano si assiste in questi tempi a scarsità di risorse qualificate, soprattutto tecnici ed operai specializzati. A tal punto che una nota azienda di lavoro temporaneo ha costruito un progetto per formare ed esportare nel nord est giovani diplomati meridionali.

Dalla ricerca riportata nel precedente articolo emerge con chiarezza che la compresenza di differenti etnie è un dato consolidato in numerosi settori e le nazionalità più presenti sono quelle europee: rumena, albanese, ucraina, polacca. Tra le nazionalità non europee il primo Paese rappresentato è il Marocco, a cui segue la Cina, le Filippine, l’Equador, il Perù, l’Egitto, il Senegal.

Quali mansioni ricoprono?

Questo personale svolge per lo più mansioni di tipo esecutivo generico, nel 33% dei casi, impiegatizio nel 25% dei casi, esecutive specializzate nel 15% dei casi, ma non manca un 10% di quadri e manager e un 4% di alti dirigenti. In questa survey sono state registrate organizzazioni con all’interno 34 nazionalità e più del 15% della popolazione aziendale costituita da stranieri.

mansioni-dipendenti-stranieri

Secondo un noto modello, l’atteggiamento culturale delle imprese nei confronti della diversità normalmente si posiziona lungo una scala di cinque atteggiamenti di base:

Omogeneità: la differenza deve essere evitata o respinta perché la percezione di similarità può favorisce relazioni lavorative efficaci

Daltonismo: i lavoratori dovrebbero essere trattati in ugual modo, a prescindere dalla conoscenza del loro background socio-culturale

Correttezza: si dovrebbero garantire, non solo trattamenti equi, ma anche giusti e che tengano conto delle differenti necessità delle minoranze

Accessibilità: la gestione della differenza in azienda è una strategia di business che può garantire l’accesso a differenti aree di mercato

Integrazione: la differenza è una risorsa da cui, non solo l’organizzazione in termini di business, ma anche ogni attore organizzativo può trarre benefici e vantaggi.

Dall’indagine che abbiamo citato, emerge che circa il 50% delle organizzazioni è interessata a offrire uguali opportunità di lavoro, a prescindere dalla conoscenza dei differenti background, e che il 22% riconosce che la presenza di differenze etniche e culturali ha portato vantaggi in termini di business e di crescita della organizzazione.

Alcuni dei vantaggi riscontrati

  1. La presenza di diverse etnie e lingue ha spesso consentito l’accesso a mercati esteri e la gestione di clienti internazionali, prima difficili da raggiungere.
  2. Il personale straniero è più disponibile verso mansioni esecutive, turni festivi o notturni, lavori faticosi, che il personale italiano trovava non interessante o confacente alle sue aspettative.
  3. Specializzazioni e motivazioni al lavoro spesso non reperibeli tra gli italiani.
  4. Le aziende più internazionali o globali vivono la convivenza tra culture ed etnie diverse come un presupposto fondamentale della loro identità e del loro business.

Probabilmente non è un caso se in questi giorni la nomina di Mike Manley, il nuovo amministratore delegato del gruppo Fca, scelto dal CdA del gruppo come successore di Sergio Marchionne, sia da imputarsi, come molte voci giornalistiche sostengono, non solo ai successi che ha ottenuto come Presidente e AD di Jeep, ma anche per la sua cultura anglosassone e le esperienze apicali negli States: doti che non aveva l’italiano Alfredo Altavilla, il responsabile delle attività europee che si è dimesso dopo la mancata promozione ad Amministratore Delegato.

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