27 Mar 2009

Cambiamento


Top down o bottom up?

Si fa strada l’idea che il cambiamento non è più lineare e prevedibile, ma procede per salti e discontinuità, riflettendo probabilmente una dinamica della contemporaneità che avevamo già toccato.

Lo avevamo già anticipato, infatti, citando Nassim Taleb e la sua idea che stiamo uscendo dall’era del Mediocristan per entrare in quella dell’Estremistan, un’epoca in cui il mondo, nella sua evoluzione, non cammina ma salta.
Ci ripropone il concetto Zygmunt Barman, nel suo nuovo libro “L’etica in un mondo di consumatori”, parlando di una dimensione temporale che non può essere quella ciclica, ripetitiva, propria delle certezze, ma non è più neanche quella lineare del progetto e degli obiettivi. Lui, infatti, la chiama “dei punti”, fatta attraverso la neutralizzazione del passato e la capacità di rinascere con facilità a nuova vita professionale, in una varietà di forme e di nuovi inizi.

I concetti di riferimento tradizionali si evolvono e tendono a modificare antinomie consolidate, che costituivano punti di riferimento certi e soprattutto patrimonio culturale implicito di tutti.
Il mondo contadino e pastorale, fatto di regole chiare e soprattutto di eventi ricorsivi, il tempo delle civiltà contadine, ciclico, in cui i processi si ripetono come le stagioni, all’interno di un sistema economico ben regolamentato, sta scomparendo. Complice la lenta riduzione degli spazi d’azione dei monopoli e il tentativo di introdurre meritocrazia e valutazioni per obiettivi nelle burocrazie. Anche l’agricoltura, comparto ciclico per eccellenza, d’altro canto, attraversata dal vento della multifunzionalità, che amplia il proprio spazio d’azione e introduce il concetto di vendita diretta e di mercato, si confronta con competenze e capacità proprie di comparti economici più evoluti.
Chi si era già abituato a lavorare per progetti ed obiettivi, è ugualmente sottoposto alla tensione del cambiamento discontinuo. La concorrenza globale, la crisi economica che non accenna a terminare, la ricerca di efficienza assieme alla necessità di mantenere qualità e servizio al cliente, l’evolversi delle tecnologie, aumentano le complessità e la necessità di ricercare equilibrio tra le antinomie. Saper pianificare, programmare, perseguire con metodo un obiettivo, può non essere sufficiente per avere successo.
Alcuni fenomeni di questa complessità erano già evidenti. Come l’evoluzione di ruoli (leggi Marco Guerci) tradizionalmente votati alla difesa dell’ordine ciclico, che devono confrontarsi con l’accompagnare cambiamenti e discontinuità.
Altri sono un fenomeno più recente. Due su tutti, tra i tanti. Uno lo troviamo nel nostro “focus” ed è connesso allo sviluppo della tecnologia, forse il maggiore detonatore di cambiamento tra quelli contemporanei. La tecnologia aumenta la capacità di connettersi e di valorizzarsi. E questo è un fenomeno che sta modificando anche la tradizionale ricerca del personale, come ci segnalano Valentina Pozzatello ed Enrico Cazzulani, consentendo alle persone più opportunità e forme per proporsi e alle aziende più canali per ricercare.

L’altro è evidente nelle nuove forme di Legacy, che tendono a coniugare in modo strutturato due modalità di cambiamento, spesso contrapposte tra loro, nel Lean Six Sigma. Il metodo, infatti, tende a conciliare due approcci spesso contrapposti: la democratica e partecipativa Lean Production e il razionale e specialistico Six Sigma. L’una votata ad un movimento esteso di cambiamento bottom up e l’altro ad un necessario e guidato indirizzo top down.  La riconciliazione di queste due antinomie stressa la capacità di articolare e guidare progetti complessi. Lo sforzo cognitivo di contenere, coniugare, alternare nello stesso contesto i due approcci riporta al tema del presente: la varietà delle forme che assume il cambiamento e la spinta, insita nei fatti, a superare modelli tradizionali di visione organizzativa

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