Le due velocità del cambiamento
Secondo il pensiero di Scott Brinker, che nel 2013 ha elaborato la cosiddetta legge di Martec, il tasso di crescita e trasformazione delle innovazioni tecnologiche segue il ritmo di una curva esponenziale, così come dimostrato per esempio dalla legge di Moore, che afferma che il numero di transistor che è possibile stampare su un circuito integrato raddoppia ogni 18/24 mesi.
Anche se non ci sono studi empirici sulla capacità delle organizzazioni di assorbire le innovazioni tecnologiche, Brinker afferma che la velocità di cambiamento delle organizzazioni può al massimo assumere la forma di una funzione logaritmica.
Più semplicemente, la tecnologia si evolve sempre più rapidamente, mentre per le organizzazioni la trasformazione è molto più lenta e complessa.
Diverse sono le cause che frenano la capacità di cambiamento nelle organizzazioni, e tutte sono riconducibili alla natura sociale delle organizzazioni stesse. La vischiosità data dalla cultura, dai processi consolidati, dalle abitudini e dalla naturale resistenza delle persone nell’affrontare il cambiamento, tende a ridurre la capacità delle organizzazioni anche di assorbire in modo adeguato ed efficace la stessa innovazione tecnologica.
Nei processi sociali che costituiscono la cultura organizzativa, va anche considerato come le persone percepiscono le richieste di cambiamento dell’organizzazione e il modo in cui sono portate a prendere decisioni.
I nostri comportamenti, infatti, sono influenzati dall’accettazione sociale, dal modo in cui guardiamo al mondo, dalla rappresentazione che abbiamo di ciò che accade intorno a noi, e dall’influenza che le dinamiche dell’inconscio e della percezione hanno sulle nostre scelte.
Anche se il mondo in cui si muovono le organizzazioni è complesso, vi è una tendenza da parte delle persone, e delle organizzazioni stesse, a semplificare la realtà circostante e a non accettare l’incertezza associata al volerne comprendere più sfaccettature possibili.
Questa tesi è avvalorata anche da Federico Pistono, che nel suo saggio “I robot ti ruberanno il lavoro”, afferma che l’87% della popolazione negli USA, ma anche in Italia e in altri paesi sviluppati, non è in grado di svolgere azioni mediamente complesse: per esempio, comprendere un articolo sugli affari esteri, confrontare percentuali, o leggere grafici. La mancanza di queste capacità non può che causare nella maggioranza delle persone una percezione distorta dei fatti e ad una semplificazione dei problemi. Una situazione, questa, che aiuta chi manipola le informazioni a proprio vantaggio e può ostacolare l’apprendimento di competenze complesse.
Come gestire, quindi, il dilemma delle due velocità di cambiamento, fenomeno per cui organizzazioni e persone non riescono ad evolvere di pari passo?
È necessario, innanzitutto, accettare e comprendere la componente umana, nelle organizzazioni così come nella vita sociale, e considerarla un elemento imprescindibile nel cambiamento organizzativo.
La tecnologia ci aiuta a rendere più efficienti i processi produttivi, a processare un numero più alto di informazioni, ad avere più dati a disposizione, a rendere le comunicazioni più immediate e veloci, e a ridurre i limiti fisici di spazio e tempo. Il rischio però è quello di non sviluppare a sufficienza le competenze necessarie ad utilizzare opportunamente questi strumenti.
Dove l’innovazione tecnologica ha già modificato i processi produttivi, infatti, si è visto che vi è bisogno non solo di conoscenze tecniche specifiche, ma anche di skill cognitive e relazionali che sappiano fare la differenza in creatività, capacità relazionali, guida delle persone e presa di decisioni.
I leader chiamati a guidare i processi di trasformazione organizzativa, se vogliono accelerare il processo di cambiamento, dovrebbero quindi essere consapevoli che:
- L’adozione di nuove tecnologie, da sola, non è sufficiente a produrre un cambiamento significativo nell’organizzazione;
- I tempi effettivi di cambiamento organizzativo possono essere più lenti di quanto il progetto prevede;
- Vanno capite le intenzionalità, gli scenari previsionali e i valori delle persone chiamate ad utilizzare le tecnologie;
- Nella scelta delle tecnologie da adottare, andrebbero considerati anche i valori e le strategie che guidano le scelte e gli impatti che queste tecnologie avranno sull’organizzazione;
- Un corretto utilizzo della tecnologia richiede modifiche nella cultura organizzativa;
- Le condizioni del lavoro vanno rese più flessibili e adattabili;
- Va valorizzata l’intelligenza collaborativa e quella “dello sciame“.
Mentre l’innovazione tecnologica marcia velocissimamente, dovremmo riscoprire la pazienza di vedere le varie sfaccettature di problemi complessi ed i valori sottostanti alle nostre decisioni.