Web Tv  Live e  on Demand
L’esperienza di Intesa San Paolo

Comunicazione Interna e Formazione in Intesa Sanpaolo significano anche Web Tv, Live e On Demand. Accessibile dalla Intranet aziendale, raggiunge ogni giorno le circa 100.000 persone del Gruppo con informazioni e approfondimenti per lavorare e vivere in azienda.

L’obiettivo è rafforzare la cultura d’impresa per rendere sempre più coesa quella che è una grande squadra di professionisti e per arricchire la relazione con il cliente. Un obiettivo impegnativo da raggiungere utilizzando anche leve organizzative, informatiche, logistiche, gestionali.

La Tv si integra perfettamente con tutti gli altri strumenti di Comunicazione Interna e di Formazione (la Intranet aziendale, l’house organ Mosaico, la piattaforma e-learning campus.formazione). E’ un mezzo capace di trasmettere informazioni tempestive, favorire la conoscenza e il coinvolgimento di decine di migliaia di persone, approfondire i temi di una professione in costante evoluzione.

È una televisione satellitare, visibile da tutti i colleghi sul proprio computer, che, per dimensione dell’utenza e frequenza dei programmi vanta il primato di essere la più importante corporate tv nel panorama creditizio italiano ed europeo.


Nata nel 2001 per aiutare l’integrazione tra Cariplo, Ambroveneto e Comit, oggi raggiunge l’intera rete Intesa Sanpaolo, un Gruppo che con oltre 8.500 filiali, serve circa 20 milioni di clienti tra l’Italia e l’estero ed è presente in oltre 40 paesi del mondo. Uno staff di circa 40 professionisti, tra comunicatori e tecnici audio-video, in redazioni distribuite su tutto il territorio nazionale, racconta eventi e tratta argomenti utili al lavoro quotidiano. I risultati sono prodotti editoriali completi, con testata registrata e un Direttore Responsabile che è anche il Responsabile della Comunicazione Interna.

Due le modalità di utilizzo della Web Tv: Live e On Demand.

La Web Tv Live, vista quotidianamente da circa 20.000 colleghi, propone ogni giorno alle 13.00 il telegiornale, in loop, cioè a ripetizione, fino alle 14.30. Dieci minuti di informazioni utili al lavoro di routine con notizie e servizi, condotto in studio da un comunicatore, come nei tg delle reti nazionali. I colleghi vi trovano, ad esempio, le ultime circolari, i nuovi prodotti, l’opinione di un esperto sui temi finanziari di attualità. Dopo il telegiornale, il palinsesto prevede due programmi della durata di circa 10 minuti ciascuno.
Ogni anno ne vengono mandati in onda circa 450. Si tratta di focus su un prodotto commerciale, di istruzioni pratiche su una procedura informatica, di news sul risparmio gestito, solo per citarne alcuni. Nei programmi si parla della cassa sanitaria del personale, di come usare il portale intranet, si raccontano le attività core nelle diverse aree del territorio senza tralasciare, però, le altre iniziative che riguardano il Gruppo come le sponsorizzazioni sportive, le iniziative culturali, i progetti no-profit.

Una sfida importante è anche la formazione attraverso la Web Tv. Il satellite garantisce altissima qualità audio-video e quindi efficacia del messaggio, consentendo la messa in onda di centinaia di programmi che sono veri e propri corsi a distanza: costi d’aula e di mobilità diminuiscono significativamente.

La Web TV On Demand, letteralmente a richiesta, permette di vedere le clip (prodotto multimediale di contenuti video, audio, slide, collegamenti ipertestuali) quando e come lo si desidera, sempre dal pc dell’ufficio. Si possono scegliere dalla home page oppure attraverso il motore di ricerca.

Proprio come succede per un DVD, è possibile controllare il flusso del filmato con i tasti che si trovano sotto il monitor: mettere in pausa, scegliere e rivedere le parti che più interessano.

Il Gruppo Intesa Sanpaolo vanta, anche in questo caso, il primato di aver inaugurato, per primo in Italia, la Tv OnDemand che ad oggi conta circa 500 programmi: era il 3 luglio 2006. Le clip, grazie alla loro facile fruibilità, registrano picchi di audience altissimi.

Il format più seguito sia nella modalità Live che On Demand e da sempre campione d’ascolti è “Le Vostre Interviste”: esempio concreto di comunicazione bottom-up, realizzato con le domande che i colleghi, via Intranet, rivolgono ai top manager. La vostra intervista al Chief Operatig Officer, Francesco Micheli, ha raggiunto quota 30.000, a conferma di quanto questi strumenti siano un’occasione importante e unica per una grande azienda internazionale come Intesa Sanpaolo.

Una ricerca dell’Osservatorio Bocconi traccia la mappa della tv in azienda
Aumentano i canali
Più sperimentazione e più pubblici


Esiste un momento nella storia degli individui in cui viene rotto l’equilibrio e una spinta inerziale si fa a favore di una parte. E’ un momento che implica una rottura di sistema. Uno studio americano del 2000 l‘ha apostrofato come “tipping point”. Ed è una fase di non ritorno. Nell’evoluzione della comunicazione aziendale questo “tipping point” è stato forse raggiunto molto di recente. Causando un entusiasmo esponenziale nei confronti delle tecnologie digitali. Ora si vive, invece, una fase più consapevole. Di riflessione; e in azienda ci si divincola tra la polarità positiva dell’uso (o abuso) degli strumenti digitali e quella negativa di una temuta (e forse raggiunta) overdose comunicativa.

In Italia i comunicatori d’impresa si interrogano sul fenomeno. Ragionando sulle business tv, ovvero le tv aziendali che trasmettono per i tele-dipendenti. Da un anno lo fanno nei lavori dell’Osservatorio creato in Bocconi. Partecipano al network quattordici realtà  d’eccellenza che fanno della tv uno strumento di comunicazione interna e (sempre più spesso) esterna. Sono i comunicatori di Allianz Ras, BNL, Cariparma, Costa Crociere, Epson, Gewiss, Magneti Marelli, Mediolanum, Pirelli Re, Sia, Technogym Telecom, Vodafone, Tre. Rifletteranno il prossimo 16 aprile, proprio in Bocconi, nel secondo workshop sulle business tv. Al centro della giornata l’analisi di una corposa ricerca dedicata all’uso del video in azienda. Una mappa concettuale che getta luci (e qualche ombra) sul fenomeno. La ricerca punta i riflettori su ben 320 imprese. Il quadro che ne emerge evidenzia come il mezzo tv in azienda sia ancora relativamente nuovo, in forte espansione e più versatile. Lo strumento piace. Anche se con quale riserva rispetto al passato e con budget sempre più contenuti.


Le business tv sono diventate presenza costante anche nel nostro paese. Ad oggi la mappa ne annovera una quarantina, dislocate soprattutto del comparto dei servizi. Il trend è in crescita anche nelle piccole industrie. E’ stata Mediolanum ad implementarla per prima nel 1989, seguita poi da Enel e dall’attuale Intesa San Paolo nel 2002. Sono seguiti poi i canali del settore assicurativo e bancario e i colossi telefonici. La ricerca documenta come solo nel 4% delle aziende la tv sia nata prima del 2000. Il 22% l’ha introdotta a cavallo tra il 2000 e il 2004. Addirittura il 48% ha implementato questo servizio tra il 2005 e il 2006, mentre un restante 26% ci sta lavorando soltanto ora.
Ad oggi le tv si moltiplicano, proponendo tecnologie differenti a seconda dei pubblici da intercettare. Perché l’obiettivo è raggiungere la testa (e soprattutto il cuore) del tele-dipendente. Emozioni d’impresa in pixel, trasmesse dall’Intranet per i collaboratori dislocati geograficamente anche molto lontano. Deve essere per questa ragione che nel ’93 il neo-CEO di IBM Louis Gerstner, in una convention che avrebbe dirottato l’azienda verso un cambio epocale, dialogò proprio attraverso la tv aziendale. Riuscendo a raggiungere in modo capillare i propri collaboratori.

Nel nostro paese la tv è adottata dal 30% delle imprese italiane; le aspettative sono alte. Ecco spiegata l’attenzione ai pubblici esterni, rappresentata dal 20% delle tv. Il 40% dei canali è destinato ai collaboratori interni, mentre il 9% è rivolto ad un target intermedio costituito dalla rete vendita.
In alcuni casi nascono canali seriali con un modello organizzato di gestione, cioè con un palinsesto ricorrente. Ma le formule sono ancora frammentarie. Quasi la metà delle aziende predilige la comunicazione video solo in alcune occasioni, con l’immissione di singole clip tematiche.


La business tv informa, aggiorna, promuove, intrattiene, mette in condivisione i differenti pubblici dell’azienda, sempre più segmentati. Il suo ruolo è importante per un 33% e viene addirittura definito strategico al fine del business per un 9% degli intervistati. D’altronde l’analisi del Trust Barometer di PR Edelman evidenzia come la conversazione tra colleghi sia primaria per la reputation di un’impresa. Perché in fondo una persona come me è più credibile in America e nord-Europa. E in Asia è seconda solo ai medici.
Ecco allora che la tv aziendale cerca di far percepire il cuore pulsante dell’impresa, facendo spesso parlare i suoi pubblici. Anche se la comunicazione top-down – nonostante le spinte user generated content – si predilige e si ritiene più efficace. Affiorano, col tempo, le community di dipendenti che si legano tra loro grazie agli strumenti digitali.


Le scelte editoriali prediligono una programmazione in pillole: news, clip di comunicazione istituzionale, product e event review. Nel tempo la long version, tipica delle prime esperienze di business tv, ha lasciato il posto ad una modalità informativa fast-news, che riecheggia la rete. Per il 42% dei canali attualmente attivi i video non superano i tre minuti di durata. Nel 24% il video è incastonato in una forbice temporale compresa tra i tre ed i dieci minuti.


Si sperimenta ancora. Perché le strade da percorrere per intercettare l’interesse sono molteplici e ancora non del tutto battute. Ecco allora che divergono notevolmente le modalità di aggiornamento. I dati, però, evidenziano una comunicazione sempre meno invasiva, fatta di aggiornamenti mensili (20%) o settimanali (18%). La programmazione seriale quotidiana, quantificabile nel 17%, resta a stretto appannaggio solo di alcune business tv.
Su un concetto le aziende sono comunque concordi: la tv non sostituisce la comunicazione interna o gli altri strumenti di dialogo con gli stakeholders. Il video va a supporto dei media tradizionali. Per il 27%, infatti, la tv deve solo integrarsi; nell’ottica della sperimentazione affiora una maggiore consapevolezza dell’uso delle nuove tecnologie. Perché l’impresa deve comunque comunicare oltre il piccolo tubo catodico in formato pc.


La Ricetta Rigener@ per il cambiamento



L’agricoltura è stata negli ultimi anni protagonista di una straordinaria evoluzione che l’ha portata da tradizionale settore produttivo a sistema agroalimentare aperto/sensibile alle problematiche ambientali, alla sicurezza sanitaria, all’educazione alimentare. Un sistema in grado di diversificare la propria offerta di servizi, orientandoli al presidio sociale ed economico del territorio.

Il cambiamento in atto apre però nuove sfide che l’impresa deve saper cogliere e a cui deve saper rispondere. In questo contesto la formazione a una nuova “cultura d’impresa”, rappresenta per l’imprenditore agricolo, un potente strumento di orientamento e di miglioramento che lo mette in grado di governare il “nuovo”. Una formazione che per avere un impatto significativo, deve essere mirata, innovativa e al passo con i tempi.

Tale “ricetta formativa” è stata accolta e sperimentata da Coldiretti con il Progetto Rigener@: oltre 21 mila imprenditori incontrati su tutto il territorio nazionale nel corso del 2008.  


In merito, va sottolineato il coinvolgimento di 120 “Esperti per l’innovazione d’impresa”, nella realizzazione degli incontri formativi con gli imprenditori, individuati a livello nazionale internamente alle sedi territoriali di Coldiretti, adeguatamente formati e motivati al ruolo di facilitatori di attività informative/formative nei confronti delle imprese. Inoltre va aggiunto che l’iniziativa ha attivato più di 350 risorse Coldiretti con funzioni di coordinamento regionale, pianificazione e tutoraggio organizzativo territoriale, mettendo così a disposizione degli associati un team affiatato di docenti e assistenti che, giocando “in casa”, vantano il binomio vincente di professionalità e familiarità con i soci.

Da non trascurare l’effetto sorpresa, generato negli imprenditori durante gli incontri, dall’uso di filmati emozionali e interviste a testimoni e imprenditori, in un’alternanza di presentazioni, interviste e testimonianze videoregistrate, filmati e momenti di dialogo e riflessioni.

Altro punto di forza del processo formativo è stato l’essere “andati incontro” al socio, realizzando gli incontri in siti evocativi, che quotidianamente frequenta e prossimi alla sua azienda, come l’agriturismo, le camere di commercio, le banche o direttamente le sedi Coldiretti, diffuse capillarmente su tutto il territorio.

L’iniziativa rappresenta un elemento innovativo anche per i numeri, con la realizzazione di una grande Campagna nazionale di confronto e di dialogo con le imprese: 1.250 incontri di informazione/formazione e divulgazione territoriale, articolati in sessioni di due/tre giornate non consecutive, organizzati in tutta Italia, in totale 50 mila presenze che porteranno all’erogazione di circa 1 milione di ore di formazione (in aula e on line).

Una macchina organizzativa complessa, che solo una attenta pianificazione, la chiarezza di obiettivi e un’assunzione di responsabilità a tutti i livelli, ha permesso di far funzionare.

I risultati della prima fase di realizzazione degli incontri, nel periodo da marzo a luglio, sono del tutto incoraggianti: ad oggi sono circa 19.600 le presenze realizzate dagli imprenditori coinvolti nelle 664 giornate formative realizzate in tutte le regioni italiane, 8.200 imprenditori hanno concluso il loro piano formativo mostrando una assidua partecipazione e un interesse sempre costante nelle diverse giornate formative. Cifre frutto dell’analisi dei dati raccolti, durante le attività, che attestano come il Progetto giunto a metà percorso in alcuni casi abbia superato gli obiettivi programmati. In questa fase, da più fonti arrivano forti segnali di attenzione e interesse (anche da parte di esperti e consulenti esterni nel settore della formazione e delle risorse umane), a riprova che se un progetto di cambiamento è costruito su una visione progettuale solida e credibile, con un investimento in risorse umane in termini di competenze ed energie ed è guidato da un disegno organizzativo coerente e consapevole delle dinamiche e degli impatti, è in grado non solo di superare eventuali resistenze, bensì di produrre curiosità, interesse e motivazione al cambiamento.

Da una lettura delle valutazioni espresse dagli imprenditori emerge l’apprezzamento per il Progetto Rigener@, percepito come una modalità nuova di confronto e comunicazione con la loro organizzazione, grazie ad interventi di formazione di grande contenuto innovativo e di rilevanza strategica. Anche le risorse territoriali Coldiretti coinvolte nella gestione e conduzione degli incontri confermano l’ottimo clima d’aula registrato e la grande partecipazione suscitata dai temi affrontati.

Secondo i partecipanti, intervistati a fine formazione, è stato unanimemente riconosciuto l’impegno di Coldiretti per cercare di accompagnare e guidare i cambiamenti. Molto apprezzato è stato anche il confronto con altri produttori e con le loro esperienze (sia in aula che attraverso le video-testimonianze), importanti per capire le possibili evoluzioni dei mercati e della propria azienda.

Grazie a questa iniziativa molti imprenditori sono venuti a conoscenza di altre realtà imprenditoriali e di diversi modi per innovare. Questo ha permesso loro di acquisire nuove idee per la propria impresa. E questo è quanto gli associati dichiarano di aspettarsi dalla loro organizzazione, invitando a continuare l’esperienza di Rigener@, con ulteriori momenti di approfondimento tematico e di consulenza.
Tra i temi che hanno riscontrato maggior interesse, negli accesi dibattiti e confronti scaturiti in aula, vi sono le diverse opportunità di impresa agricola multifunzionale, il business plan, l’accesso al credito e alla finanza agevolata, il marketing d’impresa e le nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione.

A supporto degli incontri sul campo con i coltivatori coinvolti, è stato sviluppato un Portale Rigener@  www.progettorigenera.it che, grazie alle sue potenzialità, sia come strumento formativo sia come mezzo per “fare rete” tra le imprese, ha come obiettivo iniziale quello di sostenere gli incontri di formazione nel 2008.  In seguito quello di fornire strumenti operativi di pianificazione e gestione per le PMI agroalimentari e di facilitare la comunicazione e l’integrazione tra le imprese agricole. Il portale, strutturato nelle quattro sezioni Nuova agricoltura, Spazio Impresa, Servizi, Formazione, intende, in prospettiva, fornire agli imprenditori agricoli le conoscenze indispensabili per affrontare al meglio il nuovo contesto e per facilitare la comunicazione e l’integrazione tra le imprese.

Gli imprenditori che hanno partecipato agli incontri sono di età prevalentemente tra i 31 e i 45 anni (60%), con una discreta presenza di donne imprenditrici e di imprese fortemente orientate all’innovazione. Relativamente all’utilizzo delle ICT, dai dati rilevati emerge un campione fortemente orientato all’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della conoscenza: oltre il 67% possiede un computer in azienda ed il 53% utilizza frequentemente Internet. A conferma di questo dato emerge che il 38% possiede una email e l’8% ha attivato un sito web aziendale.

Nel prossimo autunno-inverno 2008 partirà la seconda fase del Progetto che prevede, a completamento degli impegni progettuali, la realizzazione di ulteriori 600 incontri formativi che vedranno coinvolti altri 12.000 imprenditori, per un totale di circa 30.000 presenze. Gli argomenti trattati riguarderanno sempre l’impresa agricola multifunzionale, l’innovazione (tecnologie informatiche, mercato, credito, altro) e lo sviluppo dei piani d’impresa.

Un grande impegno per la Coldiretti e un grande successo di partecipazione all’iniziativa mirata alla nuova impresa agricola multifunzionale: essere capaci di cogliere tempestivamente le tendenze in atto, di pianificare al meglio la propria attività e di posizionarsi in modo adeguato sui mercati, rappresenta oggi per l’attività imprenditoriale un reale vantaggio competitivo. Esigenze e richieste degli associati, in sinergia con le diverse azioni e iniziative promosse da Coldiretti, alle quali il Progetto Rigener@ sta rispondendo

Motivazioni per andare oltre le competenze
L’implementazione dei modelli di competenze nel nostro paese ha collezionato successi e taciuto fallimenti, o è davvero tutto oro quel che luccica?
Difficile chiudere un possibile bilancio italiano senza tenere in considerazione quanto successo e teorizzato nelle altre economie. In questo contesto ci sembra utile l’ultimo contributo di Ulrich in HR Competencies, Mastery at the intersection of people and business, dove, insieme agli altri co-autori (tra gli altri, Brockbank), Ulrich focalizza l’attenzione in materia di competenze sul dialogo tra ciò che è esterno all’azienda e quanto è interno, e parallelamente – come recita appunto il sotto-titolo – evidenzia una volta di più quanto sia importante parlare di competenze delle persone declinandole insieme a quelle delle organizzazioni cui esse appartengono. Questi ultimi concetti si integrano peraltro con quanto Baruch Lev (oggi anche Copernicus Chair in Economics dell’Università di Ferrara) propone nei suoi ultimi scritti come sviluppo possibile per la nuova generazione di indicatori intangibili.
Intangibili a parte, però, è soprattutto di competenze che consulenti, accademici e professionisti dall’interno di quasi tutte le organizzazioni hanno parlato e discusso per anni: e oggi?

Oggi mi sembra che l’agenda delle competenze non possa più prescindere dai seguenti punti cruciali:

  • ·  Rilevanza delle competenze dette “hard” (o tecnico-professionali) che più direttamente possono incidere sulle performance delle organizzazioni: forse è più socialmente desiderabile – e di fatto così è stato in molti contesti organizzativi – concentrarsi anche sulle soft? Ma siamo sicuri che, in fondo, entrambi i lati della medaglia abbiano (soprattutto per i nostri clienti interni) proprio lo stesso peso?
  • ·    Relazione stretta con altri elementi dei sistemi HR: non è forse più efficace ed efficiente per l’organizzazione e per il business far dialogare da vicino (senza stabilire corrispondenze dirette e univoche) le competenze (hard e soft, dunque) con dimensioni più profonde come ad esempio i valori?
L’applicazione in Brembo in questo contesto prevede la Carta dei Valori integrata al Modello delle Competenze tramite categorie di equivalenza mutuate dal Codice Etico.

·         Parlando in maniera più specifica di competenze dette “soft”, è ora di evidenziarne la componente in divenire abbandonando lo stadio di glossari e/o skill catalogue per delineare veri e propri sistemi dinamici che deliniino le inter-relazioni , le gerarchie interne e la vera natura delle diverse categorie in gioco. Scopo ultimo: creare sistemi che in maniera più efficace rispondano – in modo semplice, ma non semplicistico, e soprattutto realistico – alle esigenze del business.
·         Con particolare attenzione ai processi di valutazione, riconoscimento e incentivazione, è utile neutralizzare competenze amplificatrici di altre (efficacia nella comunicazione e self-management, ad esempio) e isolare e – ancora una volta –  riconoscere nella loro specificità meta-competenzecome la flessibilità o l’adattabilità al cambiamento.
Nel Development Center Brembo, Self-management ed Efficacia nella Comunicazione sono competenze che pesano sempre il 25% in meno delle altre, mentre l’Adattabilità al Cambiamento pesa sempre il 25% più delle altre. Inoltre, durante le prove in cui alle prime due si accompagnano anche altre, le valutazioni finali di queste ultime vengono moltiplicate per un coefficiente di 0,75.

·  Lo sviluppo organizzativo ha più chances di successo se percorre entrambi i binari competenziali: sia quello dei gap da colmare (chiamiamoli pure aree di miglioramento o opportunità di sviluppo, ma sempre di evidenze negative si tratta) sia quello delle chiavi di successo (potremmo dire dei gap in positivo, cioè evidenze positive già consolidate e validate su cui fare leva per un ulteriore miglioramento sia della prestazione sia del set di competenze), partendo dai contributi che già tempo fa avevano sistematizzato sia Vickers (appreciative systems) sia Cooperrider (appreciative inquiry).
In Brembo, nel quadro della gestione della performance, durante la seconda fase – quella di chiusura degli obiettivi e di bilancio della prestazione – le azioni di sviluppo partono, appunto, dai gap negativi (in termini di lacune da colmare) e anche dai gap “positivi” (le leve su cui appoggiarsi per un’ulteriore crescita).

Ora, detto questo, ci resta da rispondere all’ultimo e più disincantato interrogativo: una volta integrate in maniera efficace sia la dimensione delle conoscenze (sempre meno standard e sempre più frammentarie e specialistiche) e sia quella delle competenze (in maniera – abbiamo appena visto – da rendere ancor più integrata e dinamica), quale passo in avanti resta da compiere ai sistemi HR per essere veramente incisivi?
Centrarsi sulle persone, e ancor più sulle loro motivazioni, direi.
Non per rispondere a una certa politically correctness che vorrebbe che strumenti e processi HR centrati sulla persona siano cosa buona e giusta, ma effettivamente perché vanno a sondare e inquadrare uno degli elementi più critici – la motivazione – che permette all’individuo di aderire, allinearsi e contribuire alle organizzazioni in maniera da garantire un maggiore impatto.
Infatti, mappare le competenze di un’organizzazione o di una persona con la massima scrupolosità, rispettando un mix di hard/soft che non prescinda dalla dimensione della prestazione e partendo da ciò che quell’organizzazione o quella persona sa e possiede in termini di conoscenze specifiche, tutto questo, dunque, a cosa serve se non prendiamo in considerazione cosa ancora quella stessa organizzazione o quella stessa persona vuole fare, cosa vuole diventare, che senso vuole dare al suo futuro? La motivazione potrebbe davvero diventare il campo di nostro impegno dei prossimi anni.
Concentrandoci in maniera più specifica su quest’ultimo punto, si pensi ad analisi organizzative (a partire da semplici job descriptions), sistemi di mobilità interna (job posting interno), piani di successione strutturati che tengano conto e si fondino in maniera puntuale e integrata sui drivers motivazionali che sottendono quella posizione, quella famiglia professionale o quel percorso di sviluppo. Attualmente Brembo sta studiando l’integrazione di drivers motivazionali richiesti (to acquire, to bond, to learn, to defend) da ogni specifica posizione, nei requirements indicati dagli strumenti di analisi organizzativa.
Che si tratti di dinamiche push o pull, il fatto che strumenti e processi HR siano basati su conoscenze e competenze, è oggi il requisito minimo. Ma perché siano efficaci, vicini alla realtà e generatori di successo c’è bisogno di un loro allineamento con i progetti per il futuro, con i meccanismi di soddisfazione e con i drivers motivazionali di tutti gli attori in gioco, e in primis dell’organizzazione in sè. Come se la motivazione rappresentasse un’attribuzione di profondità, di un’altra dimensione, dunque, a sistemi ad oggi apparentemente solo bi-dimensionali.


Partendo da McClelland andando subito oltre, allora, costruiamo le nuove forme del contributo HR al successo delle organizzazioni, passando da Csikszentmihalyi, da Lawrence & Nohria (modello dei drivers motivazionali), da Kluger (tecnica del feedforward, coniugata con i 360° e su popolazioni di talenti), dai modelli attitudinali (Vaccani, tra gli altri) o da alcune contaminazioni provenienti da altri ambiti come quelle di Liotti & Tombolini. Strade si aprono davanti a noi: il cammino è appena iniziato.
In merito al tema del feedforward e sulla valutazione quantitativa della sua efficacia in termini di impatto sulla motivazione e aumento della produttività, alla fine del mese di ottobre saranno presentati i risultati delle sperimentazioni Brembo (su gruppi di talenti e con il 360°).

L’innovativo progetto del gruppo francese Bouygues
Esercizio fisico tutte le mattine, obbligatorio sui cantieri, per prevenire gli  incidenti  sul  lavoro

Ormai è risaputo: fare attività fisica porta a molteplici benefici. Tanto per citarne alcuni: un minore rischio di malattie cardiovascolari, di obesità, di diabete di tipo 2, più resistenza di muscoli e ossa, migliore salute mentale e psicologica etc. Ma i vantaggi non si fermano qui. Adesso pare che fare esercizio fisico al mattino, in cantiere prima di incominciare a manovrare gru o a salire sull’impalcatura, rappresenti un buon rimedio per prevenire gli incidenti sul lavoro.
A sostenere questa tesi arriva un innovativo progetto dalla Francia, messo a punto nei cantieri edili del gruppo Bouygues (oltre 130 mila persone, 5 divisioni e un business focalizzato nell’edilizia, media e telecomunicazioni, presente in ben 80 paesi).
Ogni mattina intorno alle 8:00, gli operai del gruppo francese, prima di iniziare il lavoro, in tuta da lavoro e scarpe antinfortunistiche, si sottopongono ad un’ora di ginnastica (obbligatoria e remunerata), come stretching, flessioni, piegamenti e rilassamento. Il tutto sotto l’attenta guida di un coach professionista.
I dati che emergono dalla sperimentazione fanno ben sperare: negli ultimi tre mesi si è registrato infatti un calo degli incidenti sul lavoro del 10 per cento e un innalzamento del rendimento lavorativo delle squadre di operai impiegate.


L’esercizio mattutino di riscaldamento, fatto in modo costante, porterebbe benefici notevoli all’organismo, sufficienti per affrontare un lavoro in gran parte fisico fatto di ritmi pesanti. Philippe Boisrobert, capo cantiere di DV Construction, una filiale di Bouygues, spiega che secondo le statistiche “le piccole distorsioni, i mal di schiena o le lussazioni  legate agli sforzi intervengono spesso proprio nelle prime ore del lavoro”.
Va detto che sebbene non tutti i lavoratori all’inizio fossero particolarmente entusiasti del progetto, i numerosi benefici emersi finora, mettono un po’ a tacere le polemiche. Afferma Antonio, 40 anni muratore alla DV Construction: “All’inizio di certo non si aveva una grande voglia di andare a fare ginnastica. Ma ora abbiamo visto che fa veramente bene. L’esercizio ci scalda i muscoli, inoltre impariamo a correggere i vari movimenti sbagliati che di solito facciamo durante il nostro lavoro, per esempio quelli a livello della schiena”. I benefici non sono però solo a livello dell’apparato muscolo scheletrico. Si è visto che anche l’umore migliora e che vi è una maggiore coesione.
 Il progetto, partito da Parigi nell’aprile di quest’anno, si è diffuso nei cantieri Bouygues di Bordeaux, Tours, Chartres, Amboise e Tolosa. Ad oggi coinvolge oltre un centinaio di dipendenti. 

L’esperienza di Medtronic*


“Siamo convinti che un addestramento e una formazione adeguati siano strumenti fondamentali per un utilizzo sicuro, appropriato ed efficace delle nostre terapie e dei nostri dispositivi”. Così, Patrizia Castellini, Education Manager della Divisione CRDM (Cardiac Rhythm Diseases Management) in Medtronic Italia  e responsabile di un team di specialisti per la  formazione interna ed esterna, parla in merito alla formazione in azienda.


“Oltre ai training per i medici – spiega – con il mio team abbiamo il compito di formare i neoassunti nella nostra divisione CRDM”. CRDM sta per Cardiac Rhythm Diseases Management ed è il settore aziendale più importante di Medtronic. Promuove e distribuisce sistemi diagnostici e terapeutici per la stimolazione antibradicardica, per la gestione delle tachiaritmie, per la prevenzione e il trattamento dello scompenso cardiaco e della fibrillazione atriale. All’interno di quest’area rientrano i pacemaker, i registratori ECG impiantabili, i defibrillatori impiantabili e i sistemi per mappaggio e ablazione transcatetere.

“I nostri neoassunti devono quindi avere competenze non solo mediche e di ingegneria, ma anche di business e di prodotto – prosegue Castellini. L’operatore di Medtronic, infatti, deve essere un punto di riferimento per il medico, per il centro ospedaliero e per il paziente. Ma deve anche essere in  grado di supportare le diverse attività cliniche come la raccolta dei dati, gli studi clinici e la promozione dei prodotti. Senza contare le competenze indispensabili che deve acquisire sulla componentistica, il funzionamento e la programmazione dei diversi dispositivi. Per questo Medtronic prevede per i neoassunti un periodo di formazione di ben 18 mesi, parte dei quali presso i laboratori virtuali del nostro Centro Europeo di Formazione e parte da spendere nella sede italiana di Sesto San Giovanni. Quasi tutto il training si svolge invece come affiancamento al nostro personale esperto che opera già negli Ospedali. Ma non è tutto. La formazione in Medtronic è continua, con costanti aggiornamenti sulle nuove terapie, sui nuovi prodotti, ma anche su altre competenze come comunicazione e business. Si tratta, quindi, di un’esperienza completa, a trecentosessanta gradi. Questo comporta, naturalmente, un impegno costante sia da parte dell’azienda, sia da parte del nuovo arrivato. Per tutto il percorso formativo, di 18 mesi, il neoassunto viene monitorato con esami scritti in lingua inglese e verifiche pratiche. Questo metodo di formazione è il Technical and Clinical Consultant Learning and Development Continuum e rappresenta uno dei punti di forza di Medtronic, che si è sempre distinta per la professionalità del proprio personale interno”. Un percorso unico nel suo genere che in Italia è stato lanciato dal 2004 ed ha già formato oltre 40 neoassunti.

A livello Europeo l’azienda dispone di un Centro Europeo di Formazione per le procedure chirurgiche e le terapie Medtronic. Qui ogni anno migliaia di medici e professionisti sanitari, provenienti da tutta Europa e dai mercati emergenti, sono ospitati per partecipare ai corsi di formazione nei settori dei dispositivi impiantabili, come pacemaker, defibrillatori e stent, per l’addestramento all’esecuzione di tecniche mininvasive per la colonna vertebrale, interventi cardiovascolari di otorinolaringoiatria, oltre al training per le visite di controllo di pazienti portatori di microinfusori di insulina, pacemaker e neurostimolatori.
 Il Centro Europeo di Formazione che ha sede a Tolochenaz, in Svizzera, dispone di strutture, un corpo insegnante e programmi per professionisti sanitari a livello mondiale. Inoltre è provvisto di laboratori e cateterizzazione virtuali, stazioni di ecocardiografia, cliniche virtuali  per le visite di controllo e laboratori di simulazione nei campi della neurochirurgia e della cardiochirurgia, in cui vengono impiegate tecniche avanzate per l’elaborazione dei dati e la creazione di immagini.


* Medtronic è leader mondiale dei dispositivi biomedicali (una presenza in oltre 120 Paesi del mondo, 38 mila dipendenti in tutto, oltre 500  in Italia e due sedi, la principale di Sesto San Giovanni – Milano – ed un ufficio a Roma). Impegnata in parecchie aree terapeutiche per la cura delle malattie croniche più importanti: dall’area cardiologica alla neurologia attraverso la chirurgia vertebrale e la cura del diabete. Investe in tecnologia e innovazione dal lontano 1949, data della fondazione da parte di Earl Bakken, inventore nel 1957 del primo pacemaker cardiaco.